Le fabbriche livornesi

Corallaia della Fabbrica Lazzara
Corallaia della Fabbrica Lazzara

A Livorno si lavorava prevalentemente il corallo in tondi, olivette e botticelle. Una delle lavorazioni più diffusa  era quella dei  paternostri o  rosari, di ottimo colore e di varie grossezze, e al contempo l’analoga dei masbah, coroncine di trentatré grani comunemente chiamati a Livorno maometti, che servono a recitare i 99 nomi di Allah, e che si esportarono per tutto il Seicento verso il Medio Oriente. 

Giovanni Targioni Tozzetti annotò: “giunti a Livorno andammo a vedere la gran fabbrica de coralli rossi del signor Franco e poi quella del signor Attias mercanti ebrei..Il lavoro principale è di pallottole di differenti grandezze delle quali se ne fa un grosso commercio nelle Indie”.

I Granduchi dimostrarono sempre una particolare attenzione alle manifatture del corallo.

Negli anni ottanta del ‘700, i maggiori produttori di corallo a Livorno erano Jacob, Coen, Bacrì, Joseph Vita Carmy e Abramo Vaes Villareale.

Nel 1810 il numero delle lavoranti di entrambi i sessi nell’industria corallina era raddoppiato rispetto al XVIII secolo. I grani ed i pendeloques sfaccettati prodotti soprattutto da manodopera femminile erano molto apprezzati in tutta Italia (collane da balia) mentre il taglio delle cannette era destinata alle esportazione dei mercati africani per la realizzazione dei maometti. 

Altro opificio di coralli a Livorno fu quello dei Lazzara, storica famiglia di corallai livornesi dal 1760. In particolare Giovanni Lazzara dopo aver lavorato alcuni anni a Livorno con i Santoponte, ai quali era legato da vincoli di parentela, aprì nel 1880 un proprio opificio al secondo piano di una grande villa stile neo classico: Villa Maria, circondata da un ricco parco e da terreni agricoli. In un secondo tempo aprì altri due opifici uno a Montenero e uno ad Avane, in provincia di Pisa. Nel 1905 dava lavoro a 900 operai, per lo più donne. Agli inizi dell’attività lavorava corallo grezzo pescato lungo le coste toscane, sarde e magrebine; stabilì relazioni commerciali con la Nigeria e successivamente con il Giappone. Nel 1900 inviò il figlio Oreste Goffredo, accompagnato dal suo precettore prima a Londra e poi a New York e San Francisco, da dove, attraversato il Pacifico, arrivò in Giappone a Kobé, dove allacciò rapporti commerciali con la ditta Marazaki attraverso la quale inviava a Livorno gran quantità di corallo grezzo giapponese di una qualità molto pregiata detta “pelle d’angelo”. Nel 1925 Oreste Goffredo successe al padre nella direzione dell’azienda. Nel secondo dopoguerra la ditta Lazzara fu l’unica sopravvissuta alle vicende belliche, sotto la guida di Pierluigi, figlio di Oreste Goffredo.